L’11 febbraio è stata la
18° giornata mondiale del malato, la data coincide anche con l'anniversario delle
apparizioni di Lourdes, dove nel 1858 Maria apparve per la prima volta a
Bernadette presso la grotta di Massabielle Lourdes.
E’ importante ricordare che questa
ricorrenza è l’occasione per uno slancio più generoso al servizio dei malati e
di quanti se ne prendono cura chinandosi sulle ferite del corpo e dello spirito
di tanti malati che si incontrano sulle strade del mondo, nell’esistenza di
ognuno.
L’esperienza della
malattia e della sofferenza può diventare scuola di speranza, non dobbiamo
scansare la sofferenza, fuggire davanti al dolore. E’ necessario aumentare la
nostra capacità di accettare la tribolazione e di maturare con essa, di trovare
un senso, di vedere l’amore anche nella malattia.
<< Veniamo alle persone di
sostegno, alle prove e alle tribolazioni che affrontano; cambiare i propri
orari, le proprie abitudini, accompagnare dal medico, aiutare con le medicine e
così via risulta essere la cosa più facile.
La parte più difficile e
più insidiosa per la persona di sostegno è il tumulto interiore che comincia ad
accumularsi a livello emozionale e psicologico. Questo tumulto ha due aspetti,
uno privato e l’altro pubblico.
Nel primo cominci a
renderti conto che, per quanti problemi personali tu possa avere, essi
scompaiono rispetto a quelli della persona cara che ha una malattia che può
essere fatale. Perciò per mesi smetti semplicemente di pensare ai tuoi
problemi, li escludi. Dopo qualche mese di questa situazione la persona di
sostegno comincia a capire il fatto che i suoi problemi non scompaiono. Se sei
un estroverso cominci a esplodere nei momenti più inappropriati, fai scenate …
Se sei introverso, ci sono momenti in cui vorresti ucciderti, se sei estroverso
vorresti uccidere il malato… In ogni caso, la morte è sospesa nell’aria e si
insinuano collera, risentimento, amarezza, insieme al terribile senso di colpa
perché provi questi neri sentimenti, naturali e normali, date le circostanze.
Il modo migliore per
gestirli è PARLARNE; l’unica soluzione è PARLARNE.
Con questa decisione la persona incorre nel secondo aspetto, quello pubblico. Il problema pubblico è che
nessuno è interessato ai problemi cronici, giorno dopo giorno, a parte gli
amici più stretti, tutti cominciano ad evitarti, perché la malattia è sempre
sospesa come una nuvola nera.
Il luogo migliore per
esprimere le proprie difficoltà è un gruppo di sostegno per coloro che
assistono un malato, dove poter dire le cose che le persone beneducate non
dicono in pubblico e alla persona cara: “Chi pensa di essere per
comandarmi così? – Sento di aver perso il controllo della mia vita – Spero che
si sbrighi a morire” ecc.
Il fatto è che sotto
questi sentimenti negativi, c’è sempre una grande quantità d’amore che non può
venire in superficie finché collera, risentimento e amarezza ostruiscono la strada. GIBRAN dice:
“L’odio è amore affamato”. Nei gruppi di sostegno c’è molto odio espresso, ma
soltanto perché sotto di esso c’è molto amore, amore affamato; altrimenti non
odieresti la persona, non te ne importerebbe affatto.
Cosa fare?
1.
imparare
la tenera arte di “dire bugie compassionevoli”;
2.
imparare
che il compito principale di una persona di sostegno abbastanza valida, è
quello di essere una “spugna emozionale”. Il compito è di esserci,
respirare il suo dolore, la sua paura, la sua sofferenza. Divenire una spugna. >>
Fine prima parte. Liberamente tratto dal
libro: “Grazia e grinta” la malattia mortale come situazione di crescita - di
Ken Wilber.